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Gioia Costa

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Esplor/Azioni tra Arte e Teatro risponde a un nostro desiderio: scoprire quanto futuro è contenuto nelle parole del passato.
Unire la scoperta di luoghi rari e prestigiosi alla creazione di eventi teatrali è il fascino di Esplor/Azioni, e gli artisti sono suggestionati dall’assenza di confini fra loro, l’opera e il pubblico. Così l’architettura, la letteratura, l’archeologia e l’arte contemporanea si fondono per generare figure nuove.
L’autentico legame fra i luoghi e le parole ha permesso finora incontri straordinari, che noi vogliamo siano sempre e ancora occasione di nuove scoperte.

L’archivio, consultabile attraverso i link qui sotto, raccoglie la storia delle precedenti edizioni: gli artisti, le parole, i luoghi.

Il segno di Esplor/Azioni Tra Arte e Teatro è di Guido Strazza

 

EDIZIONI

  • 2016
  • 2015
  • 2013
  • 2012
  • 2011
  • 2010
  • 2009
  • 2008
  • 2007
  • 2006
  • 2005
  • 2004
  • 2003
  • 2002
  • 2001
  • 2000

2016

Ermelinda Bonifacio  |  IL BESTIARIO   La città, giungla contemporanea.
dal  Bestiario di Dino Buzzati, drammaturgia di Gioia Costa

Il bestiario

Le rondini, la foca, un canguro, un pesciolino, Laika, quattro conigli, un cane, una lumaca, la lucciola.

Cuore del mondo raccontato nel Bestiario di Dino Buzzati sono gli animali. È un mondo vario, il suo, che all’inizio lo vede uscire all’alba con cani, fucili e scorte di proiettili: ha sedici anni, e la passione della caccia. Poco dopo, negli stessi luoghi, posa il fucile e la sua arma, affinata per il disegno quanto per la scrittura, diventa la penna. Annota allora avventure e impressioni della natura cittadina e di quella, selvaggia, che cercava fra boschi, pianure e le amate montagne.

Più volte nel Bestiario si sfiora un tema, quello del misterioso linguaggio della natura, cui non è dato accedere.

Gli animali allora vengono in nostro soccorso, e può accadere che traducano per noi voci incomprensibili. 

Cagliari/Mutazione |  Fucina Teatro

Viola Graziosi ed Ermelinda Bonifacio  |  LA PRIMA STELLA. Memorie del Ghetto di Roma

La prima stella

Due testi brevi ed esemplari per raccontare, da prospettive diverse, Roma. Quella degli anni che vanno dal 1938 al 1943, e quella del “sabato nero” del Ghetto di Roma.

Il primo è La parola ebreo di Rosetta Loy. Cuore del suo racconto la casa in via Flaminia 21 dove lei, bambina, osserva l’imbarbarimento di tutto. Con la firma delle leggi razziali ogni equilibrio si sgretola e la portiera Elsa diventa un emblema: si erge a vigile della “moralità“ del palazzo, umiliando i condomini “non ariani”. La sua furia di assentimento è assecondata dal silenzio, del mondo vicino alla bambina come di quello di Papa Pio XII, che, tacendo, ha reso possibile la deportazione nei campi della morte di milioni di ebrei.

16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti è la testimonianza della razzia del Ghetto di Roma, in quella notte piovosa e terribile che tradì ogni patto. 1259 ebrei furono buttati fuori dalle loro case, radunati per due giorni e due notti all’addiaccio e poi caricati come pacchi sui treni piombati rivolti ai campi di concentramento che dovevano attuare la “soluzione finale”.

Esplor/Azioni  ringrazia Rosetta Loy, Laura Palmieri, Enrico Pieranunzi e Daniela Poggi

Ascolta “La prima stella” ospite di Rai Radio3 a “Teatri in Prova” del 25 gennaio 2016 – Il Giorno della Memoria

Ascolta la trasmissione

 

Rai Radio3 e Esplor/Azioni   |  8 marzo 2016
Margherita Buy  |  Lessico femminile
Natalia Ginzburg e le donne

ideazione e drammaturgia di Gioia Costa

live set per voce dischi e laptop NicoNote
interventi di Sandra Petrignani, Paola Soriga, Giulia Galeotti
conduce Loredana Lipperini
a cura di Laura Palmieri

dalla Sala A di via Asiago, ore 21

Vedi Lessico femminile

 

LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (1)LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (1)
LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (3)LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (3)
LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (7)LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (7)
LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (8)LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (8)
LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (10)LA PRIMA STELLA 2016 foto di Carlo Maria Causati (10)

2015

Piccolo Nuovo Teatro  |  YELLOW PARADE fra i 570 e i 590 nanometri

Yellow Parade

La Yellow Parade di Piccolo Nuovo Teatro, a cura di Esplor/Azioni, disegna una scia di luce e suono che unisce in un’immaginaria rete da pesca i tesori della via dei Musei di Napoli. Personaggi luminosi guidati dalla musica conducono il pubblico alla scoperta delle nuove mostre in apertura al Madre, ma anche delle chiese e dei musei di via Duomo, coniugando stupore e senso della festa in una performance urbana che celebra, inoltre, l’antico legame fra arti e cibo, simbolo e tema della cultura campana e della partecipazione della Regione Campania a EXPO Milano 2015. Giallo è il colore dei limoni, dell’oro, del sole, dell’ottimismo e del piacere. È anche fuoco, e nel fuoco i personaggi raccontano una danza festosa, prima di abitare il cielo con improvvise forme luminose nel cortile del museo, volando via a commiato per ricordare agli ospiti che l’arte non ha confini.

link Museo Madre


yellow parade esplorazioni gioia costa

2013

Amanda Sandrelli  |  Cristina di Belgiojoso, la principessa rivoluzionaria

Cristina di Belgiojoso, la principessa rivoluzionaria

Un omaggio a Cristina di Belgiojoso, femminista ante litteram, bella, coraggiosa, cosmopolita, ricchissima. Dà vita a Parigi a un salotto letterario frequentato da Bellini, De Musset, Balzac, Liszt, La Fayette; ispira grandi amori, è ammirata da poeti, musicisti, storici e uomini politici e tratta direttamente con re e capi di stato.

Volitiva, colta e indipendente, principessa e grande lavoratrice, Cristina non dimentica il suo impegno sociale: è ardente patriota, protagonista delle vicende dell’unificazione italiana: a Parigi si occupa dell’assistenza agli esuli, in Italia apre asili nido e crea scuole maschili e femminili che suscitano scandalo fra i benpensanti dell’epoca. Lo stesso Manzoni commenta con sarcasmo la sua mania di insegnare ai contadini a leggere e scrivere, chiedendosi: “Ma quando saranno tutti eruditi, chi zapperà la terra?”

Mazzini aveva intuito le sue qualità eccezionali, e la nomina direttrice degli ospedali romani. Cristina, molto prima di Florence Nightingale, mette insieme un corpo di crocerossine volontarie di ogni ceto sociale, dalle borghesi alle prostitute, che offrono, sì, il fianco a qualche critica, sempre dei soliti benpensanti, ma che si rivelano straordinariamente efficienti e organizzate nel proprio lavoro.

Con la casa editrice da lei creata, pubblica libri e saggi, di vari autori ma anche suoi: fra questi nel 1860 pubblica Della presente condizione delle donne e del loro avvenire, nel quale analizza le cause dell’emarginazione della donna, che ha radici in tempi lontani e dipende in gran parte dall’esclusione dagli studi. È lì che bisogna farsi strada: è lì la porta aperta per l’emancipazione: è per questo che ha creato scuole, non solo maschili ma anche femminili.

Un omaggio, quindi, a Cristina di Belgiojoso, e alle sue tante vite parallele, e intrecciate fra di loro, esempio di coraggio e indipendenza che all’Italia fa onore.

Biblioteca Civica di Riva del Garda

Stefania Sandrelli    normal_Amanda Sandrelli_Cristina di Belgiojoso (6)    normal_Amanda Sandrelli_Cristina di Belgiojoso (3)

Elisabetta Pozzi  |  Magazzino vita di Isabella Bossi Fedrigotti

drammaturgia di Antonia Dalpiaz, a cura di Gioia Costa

Magazzino vita

…

Biblioteca civica di Riva del Garda, 8 marzo 2013

2012

Enrico Pieranunzi pianoforte e Blas Roca Rey voce  |  Roma 1849
La Repubblica romana nei versi di Cesare Pascarella

Roma 1849

La Repubblica Romana nei versi di Cesare Pascarella

Cos’hanno in comune un attore di talento come Blas Roca Rey e Enrico Pieranunzi, prestigioso pianista jazz? La risposta è Roma, quattro lettere e millenni di storia, ma è soprattutto la grande passione per le atmosfere, per i suoni verbali e musicali di una città unica al mondo.

Esplor/Azioni, che da tempo si adopera per far conoscere luoghi e pagine dimenticate di Roma, ha voluto condividere questa passione con Roca Rey, decidendo con lui di riproporre i sonetti romaneschi di Storia Nostra, poema in cui Pascarella racconta le drammatiche vicende della Repubblica Romana dall’angolo visuale del disincantato ma partecipe popolo romano.

Per quanto riguarda Pieranunzi, figlio di un chitarrista-cantante che ha dato un contributo di rilievo al repertorio folklorico romano, accettare con entusiasmo questa collaborazione è stato molto naturale visto il profondo legame artistico ed esistenziale che lo unisce alla sua città.

Tra Blas Roca Rey e Enrico Pieranunzi c’è però in comune molto di più: la voglia-necessità di raccontare e rendere teatro d’oggi, attraverso la lettura del primo e i suoni improvvisati al piano del secondo, speranze e illusioni di un periodo chiave della storia italiana, che i versi di Cesare Pascarella ci restituiscono con rara forza poetica.

Forte Michelangelo, Civitavecchia,
poi Solisti del Teatro, Roma

ascolta un estratto da Radio Onda Rossa

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2011

Francesca Ciocchetti, Francesco Colella, Gianluigi Fogacci, Roberto Latini, Blas Roca Rey   |   24 gennaio 1944

La fuga da Regina Coeli di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat

Casa Circondariale di Regina Coeli

La fuga da Regina Coeli

 

24 gennaio 1944: LA FUGA DA REGINA COELI di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat

Casa circondariale di Regina Coeli, lunedì 5 dicembre2011

con

Francesca Ciocchetti nella parte di Marcella Monaco

Francesco Colella nella parte di Sandro Pertini

Gianluigi Fogacci nella parte di Giuseppe Saragat

Roberto Latini nella parte di Ugo Gala

Blas Roca Rey nella parte di Giuliano Vassalli

con la collaborazione di Ermelinda Bonifacio

direzione artistica Roberto Lucifero

a cura di Gioia Costa

con il patrocinio dell’Associazione Partigiani d’Italia, della Fondazione Giuseppe Saragat, della Fondazione Sandro Pertini, del Museo Storico della Liberazione, del S.A.P.P.E. e del S.I.D.I.P.E.

Giuliano Vassalli e Massimo Severo Giannini, militanti socialisti nella Resistenza (destinati a diventare Maestri del diritto), con la collaborazione di Giuseppe Gracceva, del medico di Regina Coeli Alfredo Monaco, di sua moglie Marcella Ficca, e dell’agente di custodia Ugo Gala, compirono un’azione da manuale e rischiosa per la liberazione dal carcere di Sandro Pertini (capo militare socialista della Resistenza) e Giuseppe Saragat, arrestati il 13 ottobre 1943 e prima portati in Via Tasso: con loro, furono liberati Carlo Andreoni, Luigi Allori, Carlo Bracco, Ulisse Ducci e Torquato Lunedei.

Lo spettacolo racconta la loro fuga, che fu possibile grazie al coraggio del medico di Regina Coeli Alfredo Monaco, di sua moglie Marcella Ficca e dall’agente Ugo Gala, che rischiarono la vita per riuscire in questa impresa.

A cura del Centro Studi Cappella Orsini  in collaborazione  con Esplor/Azioni

 

2010

Corrado Augias, Dominique Pinon, Laurence Chable, Viola Graziosi, Jérémie Lippman  |  NAPOLEON ET L’ITALIE

di Giorgio e Maria Stella Ruffolo

Napoléon et l'Italie

NAPOLÉON ET L’ITALIE di Giorgio e Maria Stella Ruffolo

traduzione francese Caroline Michel, luci Angelo Pavia
assistente di produzione Ermelinda Bonifacio
direzione artistica Gioia Costa

Quattro sono i personaggi evocati in questa pièce dal Narratore: Charles Maurice Périgord de Talleyrand, Principe di Benevento, il più geniale voltagabbana del suo secolo, quello che Napoleone definì con rara volgarità “un sacco di merda in una calza di seta”; il fastoso e piumatissimo Gioacchino Murat, bellimbusto fascinoso e generale impetuoso; una morbidissima Paolina, qui non soltanto smagliante di bellezza provocatoria, ma imprevedibilmente coinvolta nelle trame della grande politica: e, naturalmente, Lui, Napoleone Buonaparte, prima e dopo che quella U italiana scomparisse dal suo nome.

Italiano, Napoleone? Certamente, per origine indiscutibile, ma, come lo sono molti italiani, più radicati nella loro propria terra, regione, paese, che nella loro identità nazionale. Còrso, sì, fino al midollo, di quell’isola scabrosa e violenta, di cui conservò le tracce per tutta la sua vita.

E francese, di una patria all’origine detestata da ribelle e poi, per tutta la sua vita, amata fino all’adorazione, come una scelta che avvolgeva la sua grandezza.

I quattro personaggi convengono qui, all’Hotel Gallifet, dimora di Maurice de Talleyrand, che conserva ancor oggi vestigia preziose della sua presenza; convocati da un Narratore che ne stimola i ricordi e ne provoca i conflitti.

Tema centrale di questo insolito convegno: il rapporto che legava Napoleone e l’Italia: un complesso di sentimenti contrastanti: venerazione della sua grande storia, spregio per le sue condizioni politiche del tempo, ammirazione della sua arte, concupiscenza delle sue donne, brama di ridestarne la grandezza: sempre all’ombra, comunque, della sua grande sorella.

Attorno a questo tema si animano le passioni, i sentimenti e i risentimenti degli altri tre personaggi, che evocano aspetti diversi, e non generalmente noti, della vita di quell’italiano anomalo, senza risparmiarsi alcuni beffardi riferimenti al presente.

È questa la giusta occasione per ringraziare Rossana Rummo, che ci ha invitato a riprendere qui a Parigi questo nostro piccolo spettacolo che è stato creato nel 2009 a Roma da Esplor/Azioni, al Museo Napoleonico, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

È forse valsa la pena di resuscitare quel tema oggi, a quasi centocinquant’anni dall’unificazione di quell’Italia che fu per la prima volta ridestata dai cannoni di Marengo.

Giorgio e Maria Stella Ruffolo

Esplor/Azioni ringrazia Jean-Paul Manganaro, Rossana Rummo, Eleonora Attolico,  Giuseppe Battaglini, direttore del Centro Studi Napoleonici dell’Elba

Istituto Italiano di Cultura di Parigi per le Journées du Patrimoine




Milena Vukotic, e Ludovica Scoppola al flauto

Il pianeta degli alberi di Natale di Gianni Rodari

Il pianeta degli alberi di Natale

Il pianeta degli alberi di Natale di Gianni Rodari

con Milena Vukotic e Ludovica Scoppola al flauto

un minuto


 

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2009

NAPOLEONE E L’ITALIA di Giorgio e Maria Stella Ruffolo

Corrado Augias, Manuela Kustermann, Francesco Colella, Fabio Mascagni, Edoardo Sylos Labini

22 e 23 luglio 2009, Museo Napoleonico

Giorgio Ruffolo ha fatto un regalo all’associazione culturale Esplor/Azioni: con sua moglie Maria Stella ha scritto un  testo su Napoleone e l’Italia, nel quale quattro personaggi di primo piano, Talleyrand, Murat, Napoleone e Paolina Borghese si incontrano ai nostri giorni e con molto garbo se ne dicono di cotte e di crude.

Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, principe di Benevento, è l’astuto  diplomatico uscito indenne dalla caduta di Luigi XVI e dalla rivoluzione francese, che diventa ministro di Napoleone dal quale sarà pronto a prendere le distanze appena ne intuirà l’imminente rovina: e riuscirà a salvarsi anche questa volta diventando ambasciatore a Londra con il successivo re Luigi XVIII.

Gioacchino Murat non poteva certo andare d’accordo con il raffinato e scaltro Talleyrand: figlio di un albergatore di provincia, è protagonista di una rapida ascesa sociale come spesso è possibile in tempi avventurosi: prima nell’esercito, fino a diventare maresciallo dell’Impero, fu poi nominato granduca di Clèves, sposò la sorella di Napoleone, Carolina, e divenne re di Napoli. Finisce però, a differenza di Talleyrand, davanti al plotone d’esecuzione alla caduta dell’imperatore.

Di Napoleone sappiamo quasi tutto: qui, quando entra in scena durante uno degli alterchi tra Talleyrand e Murat, decreta: “La verità è che voi, tutti e due, ne avete fatte di tutti i colori”.

Paolina, la sorella preferita di Napoleone, era più attratta dal lusso, dai diamanti e dalle avventure amorose che dal potere: rimasta vedova del generale Leclerc, sposò Camillo Borghese, entrando a far parte della più antica e tradizionalista nobiltà romana.  Questo non le impedì di continuare a far parlare di sé per i suoi amanti, i suoi capricci e il suo  anticonformismo. La statua che Canova fece di lei quasi nuda creò uno scandalo difficile oggi ad immaginare. Ma a ben guardare i suoi peccati furono veniali: Paolina fu anche l’unica, nella sua tumultuosa famiglia, a essere vicina a Napoleone nei giorni dell’esilio, fino al punto di dargli i suoi tanto amati diamanti da vendere se avesse avuto bisogno di denari.

E chi è che introduce, presenta e riporta l’ordine fra questi quattro turbolenti protagonisti? Uno dei personaggi più adatti, anche nella realtà, a conciliare gli interlocutori inclini al litigio: Corrado Augias.

 

 



2008

 

PROGRAMMA

ECHI
con Cristina Giannattasio, Fabio Mascagni, Caroline Michel, Carole Ventura

14 settembre 2008 Museo Hendrik Christian Andersen

L’ALTRO dedicato a Monsignor della Casa
con Paolo Graziosi, e con Claudio D’Agostino
a cura di Alfonso Santagata, Paolo Graziosi e Gioia Costa

in collaborazione con Benevento Città Spettacolo

25 – 27 settembre – Confraternita di San Giovanni Battista dei Genovesi

A B C dedicato a Irene Brin
con Clara Galante

2 –  4 ottobre, Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese

vedi la presentazione

 

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PaolinaPaolina
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2007

PROGRAMMA

Parole di luce: letture dedicate a Giovanni Barracco
con Caterina Carpio e Luca Di Prospero, regia di Marco Carniti,

20 – 21 settembre, Museo Barracco

Paolina Borghese, la Reine des colifichets
con Milena Vukotic, flauto Ludovica Scoppola, regia di Marco Carniti

26 – 27 settembre, Museo Napoleonico

Antonio Gramsci: “Tutto ciò avendo i polsi legati”

dalle Lettere dal carcere, con Valerio Binasco

29 – 30 settembre, casa della Memoria e della Storia

un estratto

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 Milena Vukotic Ludovica Scoppola  Binasco Gramsci  

2006

 

PROGRAMMA

Lo specchietto e il diamante, a cura di Carla Calisse
con Ennio Fantastichini

dal 16 al 18 settembre, Chiesa di Sant’Eligio degli Orefici

Un inutile eroe, a Matteotti
a cura di e con Maurizio Donadoni

dal 20 al 22 settembre, Cortile di Sant’Ivo alla Sapienza

Ardisco, non ordisco
a cura di e con Roberto Latini

dal 2 al 6 ottobre, Museo Storico dei Bersaglieri

La ruggine e l’oro, Caterina Fieschi Adorno, di Gioia Costa
con Giselda Volodi

dall’11 al 14 ottobre, Confraternita di San Giovanni Battista dei Genovesi

esplorazioni 2006

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2005

PROGRAMMA

Mastro Titta passa ponte, di Gioia Costa
con Tommaso Ragno

19 – 23 settembre, Basilica di San Giorgio in Velabro

Non ho imparato nulla di Dolores Prato
con Maria Paiato

26 – 30 settembre, Orto Monastico di Santa Croce in Gerusalemme

L’Ingegner Gadda va alla guerra
ideato e interpretato da Fabrizio Gifuni

5 – 8 ottobre, Museo Storico della Fanteria

Sangue e Bellezza
di e con Enzo Moscato, Compagnia teatrale di Enzo Moscato

12 – 14 ottobre, Palazzo dei Conservatori

 

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2004

 

PROGRAMMA

Davide Riboli e Fernando Grillo
‘L MAL DE’ FIORI

Concerto per contrabbasso, voce recitante e strumentazione fonica
con il patrocinio della Fondazione l’Immemoriale di Carmelo Bene
musiche: Fernando Grillo
voce: Davide Riboli
contrabbasso Fernando Grillo
12 settembre ore 21, Sala Pietro da Cortona, Palazzo dei Conservatori

Eleonora Giorgi
QUASI UN CONCERTO PER CRISTINA CAMPO di Cristina De Stefano

14, 15, 16, 17 settembre, ore 21, Giardino del Lago di Villa Borghese

Giuliana Lojodice
PERSEVERANDO ARRIVI

22, 23, 24, 25 settembre ore 21, Museo del Genio

Iaia Forte
ROMA DOMA

29, 30 settembre – 1, 2 ottobre ore 21, Terrazze dei Mercati di Traiano

 

 

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2003

PROGRAMMA

Giorni in bianco liberamente tratto dal Trentesimo anno di Ingeborg Bachmann
con Sonia Bergamasco

Forum Austriaco di Cultura

Visioni, liberamente tratto da “Fuochi” di Marguerite Yourcenar

con Cristina Donadio e Marco Zurzolo

Mausoleo d’Augusto

Roberto Altemps

con Andrea De Luca

Palazzo Altemps

Nel vostro fiato son le mie parole, dalle Rime Di Michelangelo

con Massimo Verdastro

Chiostro della Curia dei Frati Minori Conventuali

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2002

 

PROGRAMMA

Compagnia Enzo Moscato
Co’Stell’Azioni di e con Enzo Moscato

Museo Hendrik Christian Andersen

Compagnia Katzenmacher
Apparizioni di e con Alfonso Santagata e la compagnia

Mitreo delle Terme di Caracalla

Fortebraccio Teatro
Coro di e con Roberto Latini

Sotterranei della Basilica di San Crisogono

Oxytoc Dance
Presenza di e con Patrick King e Johan Silverhult

Villino Boncompagni Ludovisi

 

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Enzo MoscatoEnzo Moscato
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2001

 

PROGRAMMA

Accademia degli Artefatti
Opera d’aria sopralluogo n 2

di Fabrizio Arcuri
Piramide Cestia

Teatro delle Apparizioni
Frammenti di buio d’ombre

di Fabrizio Pallara
Casa Romana del Museo Barracco

esplorazioni

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2000

PROGRAMMA

Kinkaleri

Zoo n.3

Museo Civico di Zoologia

 

Masque Teatro

V=Ex1, omaggio a Nikola Tesla dimenticato inventore della AC

Centrale Montemartini

 

Accademia degli Artefatti

Sopralluogo n.1 “Allontani lo sguardo!”

Palazzo Falconieri

 

Oxytoc Dance di Patrik King e Johan Silverhult

Mistero

Casa di un collezionista d’arte

PROGRAMMA 2000

Palazzo Falconieri 5,6,7 ottobre 2000
Accademia degli Artefatti  ALLONTANI LO SGUARDO

Con: Miriam Abutori, Fabrizio Arcuri, Rita Bucchi, Paolo Bultrini, Paola Cannizzaro, Elio Castellana, Nicola Danesi de Luca, Sita Falchi, Simone Di Pietro, Pieraldo Girotto, Valerio Musilli, Tiziana Novelli, Iacopo…, Annalisa Zagaro.

Le serate a Palazzo Falconieri sono delle “visioni panoramiche” ma, nella struttura pensata per Allontani lo sguardo, riaffiora una tematica già affrontata dall’Accademia degli Artefatti nei precedenti spettacoli: il problema dell’identità, e della sua percezione. L’impianto visivo forte e strutturato che creano ogni volta serve loro per sottoporsi a prove fisiche che tendono a esplorare un limite. Questo perché prima scommessa dell’attore è quella di misurarsi con qualcosa, e quindi di esplorare. Può essere un carattere, una situazione ma anche uno stato. Loro si misurano con stati: sono chiusi in teche, o immobili su letti, o ripetono movimenti innaturali. Sperimentano in questo modo la capacità di tenuta, fino all’estremo.
Uno dei primi limiti coincideva con le tecniche di rappresentazione esistenti: come mettere in scena, come mostrare un personaggio? Non vogliono adottare un metodo. Cercano un diverso modo di rappresentare, e la strada da loro intrapresa è quella di mettere il corpo dell’attore in rapporto con elementi e strutture affinché si misuri con nuovi limiti. L’azione dura fino allo sfinimento, fino all’esaurimento delle forze.
Da questa esperienza è nata una riflessione sull’immagine che, ai loro occhi, coincide con il movimento e chiama in causa la riconoscibilità. L’immagine non è un oggetto, qualcosa di fissato, di definito. Pensiamo a un ritratto: il soggetto rappresentato si riconosce solo in parte. Per sua stessa natura, il ritratto rivela alcune cose e altre ne cela. È parziale. Dalla percezione dell’immagine si arriva al problema dell’identità: ed è questo forse il nucleo tematico della loro ricerca. Già esplorato nei precedenti spettacoli, e ogni volta in maniera diversa.

Se in un primo tempo l’esplorazione dei personaggi era ‘fisica’, nel senso che partiva dall’“interno” per esplorare le correlazioni fra corpo e spazio, fra carattere della figura e contesto, negli anni è diventata ‘esterna’: personaggio è il luogo, l’involucro, ciò che non si dà come fissato una volta per tutte. Quindi per rappresentarlo lo si può ‘costruire’, come si costruisce uno spazio. Stanze nelle quali gli spettatori entrano diventando così parte del personaggio. Il progetto sull’Età oscura, nato per esplorare il tema del Minotauro, e quindi di Teseo, Arianna e del Labirinto, sviluppa l’intuizione del possibile nuovo rapporto fra personaggio e luogo, e ha dato vita a tre spettacoli sulla narrazione del mito. Teseo (Sono stato), Arianna (non ancora presentato al pubblico) e il Labirinto (Kindergarten).
In che modo lo spettatore accoglie, oggi, una narrazione mitica, fino a che punto è possibile l’identificazione, il riconoscimento con l’eroe? Ogni cosa presentata, nella forma del racconto come in quella del ritratto, implica un punto di vista: per dar risalto ad alcuni elementi ne sottrae altri. Quindi l’immagine persegue ciò che mai potrà raggiungere: l’identità con l’oggetto, la coincidenza. La percezione dell’identità è sempre differita e il soggetto vedendosi riprodotto (in voce, immagine, gesto) si percepisce altro da sé. Si riconosce solo in parte. Tendere all’identità è quindi utopico, in tutte le possibili manifestazioni. Ogni forma di percezione e di accoglienza è basata su un patto di fiducia verso il reale che, secondo l’Accademia degli Artefatti, andrebbe riesaminato.
L’identificazione è negata proprio perché la coincidenza è impossibile. Non si può allora pensare uno spettacolo in termini coreografici, di visioni composte. Tutt’al più si possono mostrare quadri compiuti. Da qui è nata la ricerca di una nuova forma per raccontare il mito e i suoi eroi.
In Allontani lo sguardo riappare il problema della percezione e dell’identità: la visione non è che ombra, contorno, possibile sagoma identificabile attraverso dei segni forti, caratteristici. Poi, oltre la visione, ogni tanto uno squarcio spalanca un nuovo punto di vista. Per lacerazione. La scommessa dell’Accademia degli Artefatti è quella di far percepire altrimenti palazzo Falconieri, per creare una nuova fisionomia del luogo e, attraverso il luogo, una nuova fisionomia del loro gruppo.

Museo Civico di Zoologia  11, 12, 13 ottobre
KINKALERI  ZOO n. 3

Quincaille, chincaglieria, da clinquer, far rumore battendo insieme lamelle ed oggetti metallici. La radice si trova nel tedesco klingen, nell’olandese klinken, nel clang e nel clac propri a quasi tutte le lingue europee. Kinkaleri. È onomatopeica, questa parola. Rumore di chiavi, di ferri, di rame, di oggetti luccicanti e poveri. Un rumore che dalla Francia arriva in Albania, dalla quincaille a kinkaleri, per arrivare fino a noi, alle nostre chincaglierie. Questa parola ci porta indietro, negli empori, nei bazar, nei trovarobati. Il gruppo Kinkaleri, nato nel 1995, ha presentato al pubblico sette spettacoli e una decina di studi e sperimentazioni, in Italia e all’estero.
La loro ricerca vuole ridefinire la possibilità di azione dei corpi a partire dai luoghi, ponendosi con essi in una relazione di contrasto.
Zoo n. 3 è una delle tappe del progetto Zoo, che è iniziato a Torino e continuerà nel corso di questa stagione. Il Museo Civico di Zoologia è per loro l’occasione di esplorare un contrasto: il contrasto fra la natura morta del luogo che li ospita e la creazione motoria che hanno inventato per questo spazio.

Sono le sale antiche del museo, quelle scelte da Kinkaleri per la ‘ridinamizzazione’ di Zoo n. 3. Le sale con le teche e gli animali imbalsamati. L’azione si svolge nel lungo corridoio di trenta metri che sarà visibile al pubblico dalle sale. Perché Zoo n. 3 non è solo uno spettacolo, è la tappa di un progetto. “Vorremmo fosse una linea infinita, senza percorso, sulla quale agisca una dinamica fisica e sonora”, raccontano i danzatori Kinkaleri.
La relazione con il museo è da loro pensata come una ‘ricollocazione’: non desiderano violare uno spazio così fortemente evocativo, così connotato dalle presenze che lo abitano, ma vogliono creare una dimensione teatrale all’interno del museo, senza lasciarsi intimidire dalla forte simbologia del luogo. Come riuscirci? “Cerchiamo uno stato danzante: non è la coreografia ad essere danza ma, al contrario, è la danza a rivelarsi poi coreografia”, dicono ancora.
Il movimento per loro non deve quindi essere una composizione coreografica ma la ricerca di stati dinamici, spaziali o fisici; non deve essere gelato in gesti legati fra loro solo da un progetto estetico, da un bel disegno, ma custodire quella possibilità di cambiamento, di imprevisto che i movimenti hanno nella vita. Ogni coreografia è percepita da Kinkaleri come una forma rigida della danza; un luogo nel quale il corpo memorizza e ripete. Un luogo che lo rende automa: il corpo ripete, a volte frasi, a volte movimenti, a volte posizioni. Per uscire dalla ripetizione il lavoro sull’improvvisazione può essere fecondo. “Non cerchiamo l’improvvisazione libera, di origine americana”, continuano i danzatori Kinkaleri. “Crediamo invece che possa svilupparsi come un gioco: poste delle regole, ciascun performer è libero di agire secondo schemi molto ampi, purché rispetti i confini stabiliti. Partendo da una struttura che metta in relazione lo spazio e i corpi nello spazio si crea lo spettacolo. Esso è nato così: due danzatori e un dj improvvisavano, in una struttura forte, rispettando le regole stabilite per quel gioco.
Zoo n. 3 è invece una composizione spaziale all’interno di un luogo bellissimo. Vorremmo arrivare a uno stato del corpo che possa dettare le regole del movimento, dell’azione. Non è importante mostrare immagini, che sarebbero un’ennesima incarnazione della danza coreografata, ma creare forme dinamiche. Queste sono iscritte nei corpi, si tratta di riuscire a leggerle, e a tradurle in azioni sceniche”. Leggere i corpi e attribuire loro un linguaggio mobile, usando il tempo, lo spazio e la materia come segni di una grammatica vivente.

Centrale Montemartini 18, 19, 20 ottobre 2000
Masque Teatro V = R x I, OMAGGIO A NIKOLA TESLA, DIMENTICATO INVENTORE DELLA AC

Istallazione del Gruppo di Lavoro Masque Teatro
con: Eleonora Sedioli, Micaela Mazzoli, Sonia Brunelli, Luca Berardi, Lorenzo Bazzocchi, Catia Gatelli.  Bobina di Tesla: Lorenzo Bazzocchi.

Non si tratta di manipolare luoghi, di esplorare spazi. Per Masque Teatro la scommessa è quella di costruire dei mondi, isolandoli dal contesto.
L’attenzione che fin dagli esordi nel 1992 questo gruppo ha dedicato alla scienza, alla tecnologia e alle macchinerie teatrali, arrivando all’uso di strutture sceniche, incarnazioni della macchina desiderante di Deleuze (Nur Mut, la passeggiata dello schizo) o della macchina celibe di Duchamp (Coefficiente di fragilità), fa si che la Centrale Montemartini si presti particolarmente bene a questo incontro fra arte e industria.
Come in uno specchio rovesciato, l’incontro fra statue e macchinari, arte e tecnologia è sembrato fecondo agli attori di Masque Teatro, che hanno accolto la proposta di presentare in questa sede uno studio del nuovo spettacolo, V = R x I, omaggio a Nikola Tesla. La Centrale, un tempo animata da macchine, valvole, lavoro, è ora morta. Adesso ospita un museo. I busti e le statue sono archeologia artistica che entra in contatto con l’archeologia industriale: da questo accostamento Masque Teatro ha sentito sprigionarsi qualcosa di funebre che ha dato loro il desiderio di far vivere il luogo portando nuovamente nella Centrale l’azione. “Nulla può essere morto in una creazione”, racconta Catia Gatelli, fondatrice del gruppo Masque insieme a Lorenzo Bazzocchi. “La scena chiede vitalità e non si può replicare nulla. L’attore, il personaggio, le luci, la struttura, tutto deve essere agito: diventano elementi di pari valore che, insieme, animano il meccanismo scenico. È importante riuscire a creare un piano percettivo e compositivo nel quale attore, suono, luci siano equivalenti. Per questo tutto deve essere a misura d’uomo. La rappresentazione di un personaggio è per noi occasione di creazione. Non interpretiamo Medea o Amleto: dopo lo studio, quando arrivano in scena, sono esseri nuovi, che hanno una loro esistenza autonoma. E la presenza di macchine, di corpi meccanici, non ha funzione di oggetto: sono architetture sceniche utili, usate dall’attore, che le aziona dalla scena”.
V = R x I è uno studio in più fasi dedicato a Nikola Tesla, l’ingegnere che ha scoperto la corrente alternata. Tesla si occupava di scienza come un poeta si occupa di parole. Era poco attento agli esiti produttivi delle sue ricerche ed era talmente in anticipo rispetto ai suoi contemporanei da poter essere scelto come esempio della solitudine e del talento messi a tacere dalla diffidenza. Nello spettacolo la sua figura viene dapprima evocata da Raymond Roussel, in un ipotetico stile da Comment j’ai écrit certains de mes livres. Appaiono poi alcune macchine: il generatore di Van de Graaf, che serviva a studiare la corrente elettrostatica, la piastra vibrante, che Tesla usò per studiare la risonanza e la corrente alternata, la bobina, macchina generatrice di fulmini, la sedia elettrica, sperimentata per la prima volta nel 1882 negli Stati Uniti e per la quale Edison, per gettare un’ombra su Tesla, suggerì di usare proprio la corrente alternata. Infine una gabbia: quella nella quale riuscirono a chiudere Tesla quando nelle sue ricerche sulla trasmissione senza fili e sulla risonanza si avvicinò alla scoperta della radio. Questo fu troppo, per i contemporanei, che riuscirono a non fargli più avere fondi e sovvenzioni bloccando così i suoi esperimenti.
La presenza di corpi meccanici e di temi scientifici è ricorrente nella storia del gruppo Masque: “Non vogliamo fare teatro scientifico né parlare di scienza attraverso il teatro, ma crediamo che il teatro sia la nostra vita, lo specchio del mondo”, continua Catia Gatelli. “L’uomo non è solo letteratura, e il fatto che a teatro si confronti unicamente con testi letterari è troppo poco: la scienza, la tecnica fanno parte della vita tutti i giorni, anche se accendendo una lampada non pensiamo a cosa generi la luce. È importante che il teatro accolga le diverse manifestazioni dell’esistenza. Siamo abituati a non porci più domande, ma l’origine di un fulmine incantava gli uomini fin dalla preistoria”. E nella Centrale, fra memorie marmoree e valvole e forni, senza letteratura, scopriremo con loro questo inventivo poeta, che i tempi hanno finalmente capito.

26 e 27 ottobre Oxytoc Dance
MISTERO
con Patrick King e Johan Silverhult Coreografia di Patrick King

Patrick King è innanzitutto uno splendido danzatore. Arrivato in Italia all’inizio degli anni ‘80 con la compagnia di danza diretta da Louis Falco, si è poi fermato a Roma per dieci anni. Attorno a lui sono nati spettacoli, letture, incontri fra danza e teatro. Dopo un lungo periodo in Norvegia, dove aveva la direzione artistica dello “Skanes dansteater” dal 1995, è tornato in Italia. Da allora ha collaborato con Carolyn Carson, per la riapertura dell’isola San Giorgio a Venezia, in occasione della biennale di danza 1999 e, nell’estate appena terminata, è stato ospite del Festival di Villa Massimo con Vertigo, un balletto in omaggio a Louis Falco, e del Word Pride al Circo Massimo con Flyng the rainbow. Continuano le sue tournée europee, ma il legame con l’Italia è forte.

Per esplor/azioni Patrick King rimane fedele alla sua idea che, nella danza, il movimento deve essere un flusso. “Il movimento è la prima manifestazione della vita. Nella danza cerco di cogliere le domande, le incertezze, gli scarti fra le urgenze della vita e le maschere che tutti adottiamo, restituendo al corpo una libertà sorgiva. Inventare una coreografia è per me fare un’indagine, e cercare – anche nei movimenti astratti – il legame primo con la vita”. King sa rendere al corpo la morbidezza e il potenziale espressivo che la danza possiede, sempre sostenuto da una tecnica rigorosa, e racconta così le sue suggestioni visive create dal movimento impeccabile che nasconde la tecnica per lasciare affiorare l’armonia, nella forma dello staccato, del contrappunto o del legato.
Johan Silverhult, suo partner in Mistero, esprime con un movimento più nervoso lo stesso dolore, la stessa gioia del corpo ammaestrato, docile e ribelle al tempo stesso. Di Silverhult colpisce la percezione del centro: ogni movimento sembra partire da un punto in perfetto equilibrio che non teme scosse. E questa padronanza del peso e della possibilità di spostarlo nello spazio si differenzia dalla ricerca di King, il quale trasforma davvero il proprio corpo in flusso e crea una maschera scenica neutra, che possa aderire a corpi scultorei di rara bellezza. Così Johan Silverhult e Patrick King in scena sono l’immagine del potenziale infinito della maestria.
In Mistero la sfida è quella di esplorare un territorio ‘composto’, una casa privata, e di far reagire i corpi con gli elementi. “Uscire dal teatro è fondamentale per esplorare nuove possibilità”, continua King. “ È avvicinarsi alla vita, uscire dalla rappresentazione. La danza si è allontanata dalla vita, forse più del teatro. Assistendo a uno spettacolo ho l’impressione che nessuno cerchi più di capire. Far sì che lo spettatore si trovi in un luogo arioso, contraddistinto da elementi forti, è già teatrale: la scala o il giardino d’inverno sono elementi teatrabili, ma sono anche opera d’arte, ed è questo doppio aspetto che mi interessa”.

La precisione del gesto e il controllo ineccepibile del corpo fa sì che non si avverta la ricerca di un movimento fluido e continuo, che scorra come un’unica immagine dall’inizio alla fine del balletto. “Perché il movimento è – per sua natura – inarrestabile”, sottolinea Patrick King. “È causa di nuovo movimento, fonte di vita. È, insomma, la resistenza alla morte, al gelo. In Italia la danza tende a diventare un’espressione puramente estetica, cancellando la natura organica del movimento. Ma senza contenuti, senza interrogazioni, senza ricerca ogni forma muore. La decorazione è rigida, può anche essere gradevole, ma non buca la superficie. La danza non è un’arte decorativa: se si tenta di renderla tale si difende cancellandosi, ritraendosi nell’ombra finché non potrà esprimersi pienamente. È ciò che accade in questi anni”.
Patrick King è fedele all’idea che ci ha lasciato Louis Falco, il quale credeva in una danza che fosse tecnicamente ineccepibile e formalmente chiara. Ma, come si sa, ciò che è chiaro non per questo è semplice, come la sua tecnica dimostra.

    

PROGRAMMA

Kinkaleri
Zoo n.3
Museo Civico di Zoologia

Masque Teatro
V=Ex1, omaggio a Nikola Tesla dimenticato inventore della AC
Centrale Montemartini

Accademia degli Artefatti
Sopralluogo n.1 “Allontani lo sguardo!”
Palazzo Falconieri

Oxytoc Dance di Patrik King e Johan Silverhult
Mistero
Casa di un collezionista d’Arte

esplorazioni

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